Genetica dell’informazione

Genetica dell’informazione

C’è un aspetto davvero strano, certe cose emergono solo se chieste in modo esplicito altrimenti restano sommerse. Quando il prof. Giovanni Frajese, endocrinologo, ha chiesto che senso avesse fare il vaccino con il genoma originario che non c’è più da più di 1 anno, Francesco Stellacci, professore del Politecnico di Losanna, uno dei massimi esperti di virologia, ha risposto flebilmente <<nessuno>>. Poi quando Paolo Gibilisco, professore di matematica a Tor Vergata, ha elencato alcuni degli sfondoni del governo Draghi, la prof.ssa di Economia ed ex Ministro Elsa Fornero ha risposto <<tutti sbagliamo, anche lei sbaglia no?!>>ammettendo l’errore e contemporaneamente ponendo chi ci governa e prende decisioni per milioni di persone sullo stesso piano di un professore di Università. E’ uno dei nostri problemi, scaricare sugli altri le responsabilità ricattando pure, nemmeno troppo sottilmente. Ormai il sistema nostrano è saturo di “questo modo”, un sistema che si regge sul reciproco “errore” in modo che siano ricattabili tutti quelli che vi entrino a far parte. Un sistema autoreferenziale che diventa necessariamente autocratico per reggere gli eletti e non i meritevoli, per reggere l’irrazionalità e non la ragione, per reggere l’economia verticale, puntuale, ritenendo che sia quella forte a discapito di quella orizzontale, diffusa, che è da sempre la vera forza del nostro paese, forza che si riversa da sempre sull’economia verticale, e non viceversa. E così i numeri diventano parzializzabili e quindi espressione di soggettività politica.

I numeri, si dice, sono numeri quindi non si discutono (qui un esempio Covid, così uccide chi è senza vaccino: i dati in Italia- Corriere.it ). Vero, non si discutono, ma da cosa scaturiscono si. Sono cresciuto scientificamente  con un concetto dal quale non ho mai derogato. Un numero è attendibile quando è correlabile e pesabile. Ciò significa che il valore assoluto non esiste, esiste un valore funzione di altri valori e nella correlazione con quest’ultimi trova significato. Altrimenti è solo un numero, di per sé insignificante. Eppure siamo continuamente circondati da analisi non correlate e quindi insignificanti.

In ambito scientifico il metodo alla base di indagini non correlate si chiama in gergo “cercare l’ago nel pagliaio“. Ossia si tende a far credere che si stia cercando qualcosa di specifico e pure difficile da trovare quando, in realtà, si cerca quel che si vuole trovare, in modo assoluto e non correlato, all’interno di un contesto assimilato appunto ad un “pagliaio“, esente da altri elementi, dove tutto è “innaturalmente” uguale ad un filo di paglia. Il pagliaio siamo noi. Ma noi non siamo assimilabili ad un pagliaio, siamo tutti diversi tra noi. Ora, un trend che non tenga conto di questa diversità è tendenzioso. Se i dati non vengono messi a sistema all’interno del variegato contesto in cui si inseriscono, se non si implementano i dati specifici dei singoli individui, non si potrà mai dire se il rischio è tutto della causale A (assenza di vaccino) o di “n” altre causali che non vengono implementate. Non siamo un pagliaio e l’ago potrebbe confondersi tra fili d’erba, spilli, chiodi e tanto altro.

Siamo di fronte ad una miscellanea di dati incoerenti, non sistemici, ne protocollati. Non abbiamo messo a sistema nessun ambito sanitario locale e/o nazionale. I dati derivano da cartelle cliniche storiche, espressione discontinua, parziale e non cogente, e da autocertificazioni. Il tutto risente ovviamente dell’emergenza (anche se questo paese è sempre in emergenza, leva che usa per fare forzando visto che non riesce a fare programmando), condizione che però non deve servire a giustificare ragionamenti non scientifici. Ad esempio unitamente ai dati delle persone in Terapia Intensiva per Covid sarebbe opportuno fornire unitamente anche i dati delle TI da altre cause oltre ad indicare la mortalità tipica da influenza “normale”. Cosa lo impedisce? Perché non aggiungere poche parole in frazione “su X”? Allora viene lecito pensare che quei dati evidentemente non ci siano.

Non si specifica la distribuzione dei vari casi in terapia intensiva, non si differenziano i dati in funzione delle varianti, e così via. Il tutto unitamente al problema dello “storico dei dati” non ancora informatizzati né sistematizzati, causa la totale ed endemica assenza di protocolli (la UE ci sanziona da anni su questo), regioni ed ospedali non connessi, dati basati sulle autocertificazioni (vedi lo scandalo dei dati non congruenti), e di “regole di base”, quest’ultime il vero vulnus politico che da sempre rende il nostro paese “legislativamente soggettivo” e quindi ingovernabile socialmente e governabile solo autocraticamente.

Forse ora si capisce anche perché da noi ci sia tanta pubblicazione scientifica inutile il cui fine è solo pseudo-giornalistico, specchio dello stato di crisi in cui versano ormai in piena saturazione e in modo irreversibile (vista la riconferma dello stimato e autorevole Mattarella) il fronte commerciale e quello politico. E non lo dico io, che pure ne sarei testimone e vittima, ma lo dice Presadiretta 2022 – Il sistema Università – Video – RaiPlay .

Un sistema non-scientifico in cui si può scrivere tutto e il contrario di tutto, tanto è ormai autoreferenziale e chiuso. Un sistema che può “cantarsela e se la suonarsela da solo”. 

L’assenza di dati congruenti e correlati è indice di non trasparenza, condizione che riduce la capacità di convincimento e che diventa inammissibile se poi i “non convinti” vengono accusati di miscredenza come se si stesse pure parlando di fede e non di scienza.

Cosa osta la trasparenza che peraltro è imprescindibile in scienza e coscienza?  

In tutto questo ci avevano anche detto che i tamponi li avrebbe dovuti fare chi non si vaccinava che sarebbe stato giusto che li pagasse essendo appunto una soluzione alternativa al vaccino. Ma il tempo sistema sempre le cose, le bugie hanno le gambe corte.

C’è inoltre un fattore psicologico che regola i due fronti, che suddivido correttamente in “SI questo vaccino” e “NO questo vaccino”. I primi non metteranno mai in discussione una scelta fatta se non di fronte a condizioni limite. E’ evidente che una scelta psicologicamente non contempli il considerare che si possano manifestare evidenze nefaste, tale possibilità viene giustamente tenuta lontana dal proprio pensiero che opera cercando di rafforzare in tutti i modi la giustezza della scelta fatta. Da un lato quindi si tengono lontani i fantasmi, e dall’altro si cercano angeli. E lo stesso vale per la parte opposta in quanto anch’essa opera una scelta diversa ma pur sempre a rischio. I fantasmi si materializzano nelle persone che hanno fatto la scelta di non vaccinarsi rei di essere “miscredenti”, d’altronde le evidenze espressamente scientifiche latitano, essendo tutto necessariamente in fieri, ma soprattutto per un approccio più fideistico che scientifico. E i “miscredenti” da sempre sono tanto più pericolosi quanti meno sono. Se fossero tanti la scelta di uno o dell’altro sarebbe più in equilibrio e nessuna delle due parti si sentirebbe di essere sicura di avere ragione sull’altra. Mentre l’essere in grande maggioranza (90%) porta a sentirsi “branco” e ad essere sicuri della giustezza della propria scelta, una sicurezza non data dalla ragione (il futuro non lo può prevedere nessuno) ma dalla forze dell’essere appunto maggioranza. Come dire che ho certezza di vincere perché quasi tutti abbiamo puntato sul rosso, mentre quei pochi che avranno puntato sul nero perderanno in quanto minoranza. È evidente che la probabilità non migliori in base alla tendenza di massa ma segua percorsi imperscrutabili. Potrà sembrare riduttivo assimilare la scienza ad un meccanismo statistico, ma di scienza se n’è vista davvero poca. Si sono viste tante contraddizioni che si è cercato solo di nascondere come polvere sotto il tappeto.

La maggioranza rimane giustamente fedele alla propria scelta, ma sente forte la necessità di tirare dentro la propria scelta anche chi non l’avesse ancora fatta. E questo non accade quando si è in pochi o quando si è il 50%, ma quando si è quasi tutti ad aver effettuato quella scelta. E questo indipendentemente dal rischio poiché rischiano entrambe le parti, una per aver scelto di fare il vaccino (che potrebbe dare effetti collaterali nel tempo), l’altra per aver scelto di non farlo (il contagio dal virus potrebbe essere mortale).

Escludiamo dal contendere la trasmissibilità di chi non si vaccina che, essendo in estrema minoranza (10%), non rappresenta un rischio sensibile né per le terapie intensive né per la società tutta. Escludiamo anche la riduzione della pericolosità del virus da parte del vaccino ormai chiaramente attribuibile alla bassa pericolosità della variante omicron come dichiarato da subito (28 novembre 2021) dalla scienziata sudafricana, dott.ssa Coetzee, che scoprì la variante e affermò che era ad altissima diffusività, ma debole e soprattutto a mortalità bassa. Poi la dott.ssa Coetzee è scomparsa dagli “schermi” e oggi denuncia di aver ricevuto pressioni per dire invece che omicron era pericolosa. E’ sempre così, le prime notizie sono sempre vere, poi si perdono nella melassa mediatica generale. Ora, una domanda scomoda sorge spontanea: si può parlare di efficacia dei vaccini su una variante poco offensiva di suo?

Ci hanno parlato di immunità di gregge per poi dirci che con le influenze non sussiste, ma soprattutto ci hanno detto che c’è un indice di trasmissibilità sopra il quale non si deve andare per poi trasformarlo in mortalità in relazione alle terapie intensive. In altri termini i dati vengono adattati in funzione di quello che devono dimostrare e non viceversa.   

Ora, quello che sembra difficile da capire è che c’è una “questione salute” da entrambe le parti. I vaccinati temono più il virus, i non vaccinati temono più il vaccino. Pertanto è importante tenere in forte considerazione che entrambe le parti stanno pensando alla propria salute ed entrambe a quella di chi sta loro vicino. A contrastare questo equilibrio ci sarebbero due fattori. Il primo è che i non vaccinati attenterebbero alla salute dei vaccinati, posizione insostenibile a fronte di una piccolissima percentuale di vaccinati in Terapia Intensiva (ce lo hanno sottolineato in tutti i modi) che, peraltro, fattore trascurato, potrebbero essere stati infettati da altri vaccinati visto che quest’ultimi possono prenderlo e trasmetterlo, e visto anche che rappresentando il 90% della popolazione statisticamente aumentano a dismisura le probabilità che possano essere loro a trasmetterlo, prevalenza totalmente trascurata dai media e dalla scienza. Non ci sarebbe pertanto quantomeno differenza “etico-comportamentale” in termini di trasmissione tra vaccinati e non vaccinati. Ne consegue che i non vaccinati rischino prevalentemente in proprio incrementando potenzialmente la trasmissione appena del 10%. L’altro fronte sarebbe quello dei non vaccinati che attentano sé stessi. Ed è giusto che i vaccinati cerchino di sensibilizzarli ma rimane il fatto che i non vaccinati hanno paura del vaccino e lecitamente ritengono di non vaccinarsi non rappresentando, per quanto detto sopra, e unitamente all’essere solo il 10% della popolazione, pericolo per nessuno se non per sé stessi. Se il pericolo sociale non esiste è lecito e umano rispettare la loro posizione che, benché appaia autolesionistica, farebbe riferimento alla lecita scelta di tutelare la propria salute come sancito dall’arti. 32 della costituzione che dice <<La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.>>. Ed è proprio questo il caso poiché, per quanto appena esposto, quel 10% (che poi escludendo i casi “non trattabili” è anche meno) non attenta alla salute di nessuno, o quantomeno non più dell’altra parte, e può lecitamente ritenere di avere un sistema immunitario e uno stato di salute complessivo utile a sopportare l’eventuale contrazione del virus. A questo ragionamento se ne contrappone un altro che vede i non vaccinati come dei “vigliacchi” o “eletti” che si sarebbero defilati da una scelta difficile e per questo, in poche parole, devono pagare. Ma questo ragionamento non tiene conto di quanto detto più sopra, ossia che la scelta sulla tutela della salute riguarda entrambe le parti e, qui sta il punto che ribadisco ancora fino allo sfinimento, una delle due parti rappresenta al massimo il 10%. Allora perché accanirsi su questa piccola percentuale che rappresenta (come già espresso nell’articolo  Radiazione – Il Nottalista ) la risposta fisiologica che si avrebbe rispetto a qualunque scelta, anche la più conveniente? Se regali 10 mille euro a tutti ci sarà sempre qualcuno che non li vorrà perché lecitamente non si fida, e il non fidarsi sarà motivato in mille modi tutti intrinsecamente leciti. Ad esempio “perché poi me li richiederanno con gli interessi, perché mi ricatteranno obbligandomi ad accettare l’inaccettabile, ecc….“. Quindi la morale è; il vaccino è una questione di salute diversamente lecita tra due parti con distribuzione 90% e 10%. E se davvero aveva ragione Luc Montagnier che sosteneva che il 10% si prenderà cura del 90%? Perché, quantomeno nel dubbio, non ritenere quel 10% di persone una potenziale importante àncora di salvataggio, invece di demonizzarle e perseguirle? Qual è la mirabile idea umana, sociale ed inclusiva, che c’è dietro il “o viviamo tutti o moriamo tutti”?

Credo sia sufficiente a capire quanto tutta questa storia proprio sul finire abbia preso una piega totalmente irrazionale a cominciare dall’incivile, paramilitare, applicazione del Green Pass, super o normal che sia.

Marco Valerio Masci

Foto di testa: Marco Valerio Masci, “Papavero senza petali”, fotografia digitale (Casio EX-ZR100), ‎18 ottobre 2013, Castiglione a Casauria.

Comments are closed.