Ecco il Nuovo Obliquo (Brian Eno)
Brian Peter George St. John Le Baptiste De La Salle Eno, Brian Eno
IL CUT-UP VIVENTE
(1997 [1])
Brian Peter George St John Le Baptiste De La Salle Eno nasce il 15 Maggio del 1948 a Woodbridge, Suffolk, piccolo porto fluviale dell’East Anglia.
Il primo e l’ultimo nome si toccano per far nascere, per strizione, Brian Eno, affermando un primo sintomatico segno di convivenza inconscia tra gli opposti (oltre che per necessità di semplificazione).
Non è solo un gioco di parole sul nome, è la volontà, anche figurata, di contenere se stesso nel più breve spazio possibile.
Il nome Brian Eno sembra al contempo Istant Name e Double-Name, nella possibilità di vivere una sua autonoma consuetudine iniziale (Brian il rassicurante), finendo per esistere, nel suo essere sigla, anche marketing intellettuale e misterico (Eno il futuribile), pronto a fondersi qualitativamente in un istante. Il nome è quantomeno tutt’uno e duale, marchio inconscio per diversi eventi sonori; Brian, Eno e Brian Eno, è persino trino (mai uno, ci mancherebbe altro). Ama la canzone, il suono e la ricerca per la Musica, non le parziali della stessa.
Brian Eno non è il traslato di possibili presentazioni, ne dato enigmistico (anche se il gioco si è spinto fino ad anagrammarne tutte le possibili configurazioni pur di svelarne l’intrigo magico), è progetto consonante per un intrigante cocktail di rassicurazione, curiosità e mistero, motto subliminale e veicolo narrativo per della sua Musica Possibile, Ambientale e Cantata. E’ fattore, mai banale, manipolabile e disarticolabile per intensità. E’perfetta e intrigante sintonia. E’, soprattutto, vero e proprio CUT UP (taglia e cuci) vivente, a tal punto da apparire come anamnesi tecnica e inconscia di William Burroughs, lo scrittore che ispirò David Bowie nell’uso di una metrica ottenuta per collages letterari sin dal 1973 (negli album Low, Heroes , 1.Outside – dove Eno appare nella parte di “Visconte dimezzato”, liberando la sola metà futuribile – e Lodger – dove è “Cavaliere inesistente” per far risplendere la sola corazza scintillante tra le oscure trame musicali- strane coincidenze).
Brian Eno sembra deus ex machina e possibile personaggio virtuale di un racconto di Burroughs, ma solo per puro gioco sintattico, diviso, da un mare di tranquillità, dalle macabre fantasie dello scrittore.
Quindi, per parafrasi fonetica, Brian e Eno sono capaci di far risuonare, insieme e da soli, la migliore Musica nel miglire dei mondi possibili, tra visivo e sonoro, tra canzone e evento musicale, tra terrestre ed extraterrestre. Dalla sua musica , mai terrena e ultraterrena (anche se Brian durante l’infanzia riceve un educazione cattolica), non emerge alcunché di trascendente, la sua semplicità lo porta ad entrare nella natura delle cose, senza artifici narrativo/culturali iconograficamente acclamati, per percepirne quel senso del dubbio (SENSE OF DOUBT-Bowie-“Heroes”1977) e superarlo istintivamente.
A 16 anni frequenta la Scuola d’Arte di Ipswich per conseguire poi il Diploma delle Arti nel ’69 al Whinchester College. Vive l’adolescenza nel segno dell’immagine e l’appartenenza ad un mondo già folgorato dalle teorizzazioni di Kandinsky sulla relazione sintattica tra evento pittorico e musicale (“Punto, Linea, Superficie”,1929), lo stimola a vedere o sentire il confine tra suono e segno come mero vincolo dei sensi. Pittura-Spazio e Musica-Tempo si sperimentano in lui per una genesi linguistica comune; Kandinsky scrive: “così il suono del Punto (·) è variabile in corrispondenza della sua grandezza e della sua forma (quadrata, triangolare, circolare…)[…] che, pure, risuona sempre con nettezza[…]. Il Punto assomiglia ai brevi colpi di timpano o di triangolo nella musica o, nella natura, ai brevi colpi di becco del Picchio”. Sembra scritto proprio a puntINO.
Eno crea sculture ad acqua e sculture come strumenti, gioca con il registratore variando la velocità per modificarne i suoni. Un pianoforte scordato, di proprietà della scuola, sarà il primo compagno strumentale, per un rapporto soprattutto visivo-sentimentale (ne comprerà, poi, uno per 25 dollari come ricordo). Quella presenza dissonante, sotto l’aspetto puramente sonico, avrebbe poi rappresentato, da una parte la sensibilizzazione verso la ricerca di quella sua tipica aureola di sonorità riverberanti (risonanze superficiali) con cui permeare, nello specifico, il suono Nuovo, Elettronico nelle sfumature e Forte nell’anima, per infinite possibilità timbrico/digitali, dall’altra l’avversione tattile alle dissonanze destrutturanti intese come break up atonali.
A 20 anni comporrà le sue prime opere contemporanee, tra cui la sconosciuta Delay & Decay (musa ispiratrice di “Pussyfooting”) di cui ci rimane solo il gioco temporale/musicale racchiuso nel titolo (piccolo intrigo di futura autodeterminazione progettuale), bastante a suggerirci come da una piccola cosa il gioco, per lui, possa farsi grande.
La sua esperienza musicale ufficiale inizia con i Roxy Music di Brian Ferry nel 1972, timidamente coinvolto fino al secondo LP “For Your Pleasure”. Eno ricorda con piacere soprattutto il contributo di “reazione” ad un panorama musicale inglese a tratti autocompiaciuto e indeciso. La separazione non produrrà alcun effetto collaterale negativo, anzi, i Roxy si presenteranno con un terzo splendido album, “Stranded”, e Eno pubblicherà “Pussyfooting” (con il “devastante” Robert Fripp), prima vera esternazione sperimentale e necessità vitale atta a sanare quel senso di impossibile e circoscritto provato con l’esperienza precedente.
Nel ’74 arriva il primo album da solo, “Here Come The Warm Jets” che esprime l’altra necessità, quella della canzone, dove i Roxy sono solo un tenue ricordo strumentale/matriciale, per sperimentare la neutralità della propria voce. E’ il primo itinerante traslato personale, nel quale aprire quel senso di “timidezza” e tranquillità “bio-narrativa” presente in tutta la sua futura esperienza visivo/musicale. Il brano epico/corale “on some far away beach” ci dice “appena potrò morirò su qualche spiaggia lontana…improbabile che sia ricordato…”; è Eno stesso a negarsi all’autocelebrazione, all’Enoteismo inteso come atteggiamento “religioso” che tende ad escludere ogni altra “divinità” diversa da quella invocata. Non vuole invocare ne essere invocato, vuole coesistere. La sua non è la sola forma Possibile, è sicuramente una delle possibili. E’ una musica atemporale perché Inossidabile (Brian Inox), si auto Inocula perché vive di innesti quando dietro l’angolo scopre David Byrne (’77). Una cosa è certa, Eno non è mai Inopportuno, Inospitale e Inodore, con eccezionale tempismo accoglie e trasforma per trasformarsi a sua volta profumando l’ambiente.
Nella rivista Spare Rib, Eno scriveva di amare le strutture semplici perché trasparenti, paragonabili ad un foglio di carta millimetrata (matrice tonale e modale) da usare come contenitore, come superficie dove, per esempio, sfondare gli echi roxiani.
Ricorre sempre, per raccontarsi, ad una dialettica figurata (tutti i suoi dischi sono parte di un progetto anche visivo, dalla copertina ai titoli) per delineare i contorni tecnici del suo iter creativo. L’elemento sociale non è il motore dell’evento musicale, sia vocale (i testi sono soprattutto un abile gioco sintattico/fonetico), sia strumentale, o quantomeno, quando è possibile (Possible Music), delega all’evento in se, la capacità di farsi sociale.
Conosce J. Cale e Nico con la quale partecipa, nel ’74, al memorabile concerto al Raimbow di Londra, proponendo diversi remake, tra cui “baby’s on fire”. L’operazione reinterpretativa (non nuova per lui) sarà talmente intrigante da portarlo fino alla splendida “satisfaction” dei Devo (da lui scoperti e prodotti).
Continua nel mondo della canzone con “Taking Tiger Mountain (by Strategy)” (‘74) e “Another Green World” (’75) dove apre un nuovo capitolo Pop, la Song Cibernetic: sullo sfondo di uno scenario (indiano) rurale e coloniale, con il mare e l’amore in calma piatta per Rosalie (“everything merges with the night”) col desiderio di vedersi finalmente fermo nel luogo giusto, sognante e pronto a correre…per allacciare le scarpe a lei (“I’ll come running to tie your shoe”), con itineranti fatiche di vita sotto lune fredde e blu per vedere il fuoco di St. Elmo. E’ terra narrata su sponde cibernetiche.
Conosce Wyatt musicalmente (post “Rock Bottom” ) con “Ruth is Stranger than Richard”, poi ritorna alla Frippertronia con “Evening Star” (’75), per approdare finalmente all’evento: la DISCREET MUSIC.
L’elemento trainante, l’archetipo, è la meditativa “Raimbow in a Curved Air” di Terry Riley (’71), meno integralista e concettuale di “aqua” di Edgar Froese (’74).
Nel ’75 Gavin Bryars fa la prima versione registrata del commovente “the Sinking of the Titanic”(scritta nel 1969) per il primo dei 10 dischi prodotti dall’etichetta Obscure coordinata da Eno nella collana Discreet Music (nella quale trovano felice dimora: John White, Cristopher Hobbs, Tom Philipps, Ian Steel , John Cage e Harold Budd, “Pavillon of Dreams” e “Plateux of Mirrors”).
Brian Eno, in questo periodo ama definirsi l’Obliquo, cosciente che la sua musica non è ne orizzontale (statica) ne verticale (dinamica), è diagonale perché senza gravità.
L’Obliquo è l’esplicito del subliminale Brian Eno.
L’Obliquo in sospensione sembra accorgersi (non a caso ora cambia nome) come le proprietà misterico-affascinanti legate al suo nome, abbiano avuto la forza di solleticare la curiosità in chi ignorava il piacere di un ascolto particolare, diverso, cibernetico o contemporaneo che fosse. Perché non provare ad estendere il meccanismo “oscurando” la casa discografica di una “musica discreta” per promuovere, finalmente, un vero progetto di sonorità Contemporanee d’istinto (per lui) o di pensiero (per Bryars ed altri).
Da ora in poi è un continuo crescendo di Eventi eccezionali che si faranno archetipi evolutivi per nuove forme musicali. La Robotica dei Devo, il Cyber-Funk delle Teste Parlanti, la trasformazione Digit-Pop degli U2 (tutti episodi dove c’è lo zampINO), la World Music di Mark Isham, la New Age Elettronica di Stomu Yamashta, Holger Czukay e Edgar Froese, la metà strumentale di David Silvian, (…), fino ad arrivare al Digit-Rock di Bjork.
Con David Bowie, nel ’77, progetta “Heroes”e “Low”. Fripp e Alomar (fedele compagno di viaggio di Ziggy) si integrano a meraviglia tra schizofrenia e ritmica romantica. La facciata B dei due capolavori (solo strumentale) è Vera Musica Contemporanea , a tal punto da spingere Philip Glass ad elevarli a Sinfonie riscrivendole in versione orchestrale.
Conosce la New Wave dei Cluster (Moebius e Rodelius) iniziando una lunga collaborazione, contribuendo a liberarli dalle eccessive costruzioni matematico/cicliche aggiungendo la sua “velata” e obliqua istintività.
L’ultimo album cantato è “Before and after Science”. Gli elementi narrativi in gioco sono ricorrenti: la nostalgia come forma di racconto, l’essere dimenticati, la stasi, il mare, il fiume, margini e confini laterali alle piccolezze del mondo. La musica, eseguita da splendidi strumentisti (P. Collins, P. Manzanera, R. Fripp , M. Moebius, R. Roedelius, F. Frith, Jaki Liebeziet…), omogenea e compatta, è opera compiuta, ne passata, ne futura, per un messaggio veramente atemporale (il 1977 è puro riferimento anagrafico). Il brano, “no one receiving”, è mosso da una partitura ritmica (Phil Collins) estremamente frazionata per accelerazioni e decelerazioni, analoga a “America is waiting” di “My Life in the Bush of Gost” (’80) (ambedue primi brani, strana coincidenza), insuperabile e irripetibile lavoro coprogettato con David Byrne.
Le disarticolazioni ritmiche di “ no one receiving” si rafforzeranno nell’incontro con i Talking Heads, trovando nuove argomentazioni melodiche e vocali. Eno ascolta il Pop-Funk asciutto e scarno del loro primo disco (’77) e intuisce subito tutte le potenzialità evolutive e le possibilità di ampliamento di quel tema, per poi trasformarli (e trasformarsi) in qualcosa di veramente nuovo. Nasce il Cyber-Funk, tra tribale e Pop, da “take me to the river” a “once in a lifetime”, passando per “I zimbra”.
L’Obliquo, passando attraverso la “cinematografia virtuale” di “Music for Films”, gradevolissima sperimentazione elettronica intrecciata sulle abili manualità dei musicisti (mai sui virtuosismi), arriva all’evento della MUSIC FOR AIRPORTS con “AMBIENT 1”. I titoli dei 4 brani sono semplici frazioni di relazione : 1/1 solo piano “organico”- 2/1 voci – 1/2 voci e piano – 2/2 solo tastiere “organizzate”. Strani pentagrammi (sul retro copertina), su design di Eno, commentano le frazioni. L’1/1, scritto da Robert Wyatt e Rhett Davies (l’inconfondibile Piano è del primo), è “novella” ciclica di rara bellezza che, dalla semplicità più semplice, libera un tale senso di meraviglia innocente da osare l’aggancio emotivo (non strutturale) con alcune movenze del “Microcosmos” (mondo dei bambini) di Bèla Bartok. Eno cura la registrazione elevando il ruolo di “tecnico del suono” a vero Direttore D’Orchestra Moderno!
Attraverso le “direzioni orchestrali” degli Ultravox, dei Devo e degli U2, e numerose antologie, arriviamo al divertito “Wrong Way Up” con J. Cale (’90). Si alternano nel canto per un risultato da “teste parlanti” sotto il sole d’estate in un misto di Country, Pop e Funk.
“Nerve Net” (’92) è una sorta di Patch-Work di istantanee modali sul nulla, per un non-sense jazzistico, floydiane memorie virtuali e tensioni romantiche alla Czukay; più passa il tempo e più quell’irritante senso di insoluto fotografico si perde nel mettere a fuoco, sviluppare e anticipare il continuo divenire degli eventi musicali.
In “Spinner”, con Jah Wobble, c’è la sorpresa strumentale di un basso profondissimo (“like organza”) e di un Jakie Liebeziet esplosivo e misurato nel brano motore “spinner”.
Eccoci finalmente a domani, all’anteprima di “THE DROP”. La goccia forse non è evento in se e, forse non vuole esserlo, ma lo sarà nel tempo, quando sarà pioggia. Di goccia in goccia, il piano centellina un esteso articolato fatto di scale ascendenti e discendenti per semitoni, in una sorta di repetituum ideale ciclico nella ciclicità della struttura, per farsi morbida pianola meccanica e elettronica. E’ destrutturazione pura e rassicurante che ricerca e trova in un nuovo modello melodico di base, per poi distenderlo, dilatarlo e aumentarne progressivamente le disarticolazioni, fino ad esautorare, per infinita dilatazione, il già labile contenuto tematico. E’ un non-tema che si fa melodia nella ripetizione. L’ultimo brano, “iced world” è composto da 30 minuti di minuscole gocce che ghiacciano il mondo (sullo sfondo) ma non l’ascolto. Il tema, trasparente in “Cornered”, sembra una possibile conclusione del “Microcosmos” di Bèla Bartok e, al contempo, l’evoluzione di 1/1 di “Ambient One”. Lo scenario di fondo cambia ad ogni brano ed è splendido compendio di maturità “obliqua”.
THE DROP è la goccia che non ha fatto traboccare il vaso delle “oscurità”, è la goccia “discreta” della poesia, è vera goccia in un film da immaginare, ma, soprattutto è la GOCCIA CONTEMPORANEA.
Marco Valerio Masci
DISCOGRAFIA
Roxy Music, 1972
For your pleasure, 1973
Here come the warm jets, 1973, Polydor
No pussyfooting, con Robert Fripp, 1973, Island
Taking tiger mountain (by strategy), 1974, Island
Another green world, 1975, Island
Evening star, con R. Fripp, 1975, Island
Discreet music, 1975, Obscure
801 Live, con 801, 1976, Island
Cluster und Eno, 1977, Sky
After the heat, 1978, Sky
Old land, 1982, EG
Eno, Moebius, Roedelius, Plank: Begegnungen I-II, 1984-85 antologie, Sky
Before and after science, 1977, Island
Music for films, 1978, Polydor/EG
Music for airports, Ambient, 1978, Polydor/EG, vari
Fourth world, volume 1/Possible music con J. Hassel, 1980, Polydor/EG
In a land of clear colours con P. Sinfield, 1980, Voiceprint
The plateaux of mirror con H. Budd, 1980, EG
My life in the bush of ghosts con D. Byrne, 1980, Sire
On land, 1982, EG
Apollo, 1983, EG
Music for films volume 2, 1983, EG
Working backwards, 1984, EG ant.
Thursday afternoon, 1985, EG
More blank than frank, 1986, EG ant riedito come Desert islad selection, 1989, EG
Boxed set, 1989, EG ant.
Wrong way up con J. Cale, 1990, Opal
Shutov assembly, 1992, Opal
My squelchy life, 1991, Opal riedito come Nerve net, 1992, Opal
Neroli, 1993, Gyroscope
Essential Fripp and Eno, 1994, Gyroscope ant.
Instumental, 1994, Virgin ant.
Vocal, 1994, Virgin ant.
Wah Wah con James, 1995, All Saints
Spinner con Jah Wobble, 1995, Gyroscope
The drop, 1997
Foto di copertina: Marco Valerio Masci, Obliquo, 2010, tecnica: foto digitale (Panasonic TZ3)
[1] Pubblicato nel 1997 su Grande Musica New Age, GRUPPO EDITORIALE FUTURA S.r.l.
One thought on “Ecco il Nuovo Obliquo (Brian Eno)”
Respect to post author, some excellent entropy.
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