Mia madre (2015, di Nanni Moretti)
In genere un film tende al “romanzo”. E’ la sua ambizione metrica più frequente quella di addensare più cose possibili all’interno del suo arco di tempo. Più raramente avvicina la metrica della “poesia”, per raccontare con poche frasi un mondo. La questione è formale, non di contenuto. Entrambe le strutture filmiche, “romanzo e poesia”, raccontano un mondo. Il contenitore è dato, può espandersi dalla tipica ora e mezza alle 3 ore, può raddoppiarsi, fermo restando che in campo visuale la proporzione non è lineare. Ad una immagine possono corrispondere decine di pagine scritte, pertanto passare da un’ora e mezza a tre potrebbe essere come passare da 1 pagina a 1000. Ma esistono anche film “romanzi” che durano un’ora e mezza e film “poesia” che durano 3 ore, come dire che all’interno del contenitore le immagini possono dilatarsi e contrarsi dando la sensazione di lungo o corto indipendentemente dal tempo reale. E “Mia madre” ti dice questo. E’ poesia in un’ora e 46 minuti. Il film è fatto di poche frasi, e di poche parole che hanno il peso di mille, dove la recitazione è continuamente al confine tra finzione e realtà, tra lottare e adagiarsi, tra la grandezza di una vita e quella di un giorno.
Marco Valerio Masci