Nessuno spiega

Nessuno spiega

La politica specula sul “non detto” e sulla “teoria delle probabilità”

Difficile dire quale sia la soluzione per risolvere problemi di incidenza sociale. Modificare un meccanismo per ottimizzarlo o migliorarlo è certamente complesso. Ma il difficile diventa impossibile se si finisce sempre per parlare di tutto tranne di ciò che realmente ostacola un paese e così il “non detto” risuona forte più delle parole spese per celarlo. Quel “non detto” è tanto più sommerso quanto più sensibili sono le cose che mantiene a galla. Evidentemente quel “non detto” è molto importante. Da un lato è importante per le persone, dall’altro lo è per chi le governa. Due importanze che dovrebbero essere correlate, unite dallo stesso interesse, dallo stesso fine, ma alla lunga le posizioni si radicano e viene meno il rimescolamento, e i rispettivi interessi non collimano più. E così il paese si scolla, e la politica diviene espressione solo del potere e non più anche delle persone. Le persone vorrebbero applicato quel “non detto” per veder rinascere le proprie opportunità, chi le governa no perché eroderebbe un potere ormai sclerotizzato e quindi fondato sull’autoreferenzialità. Come si regge questa dicotomia relazionale tra solipsismo e populismo quando non si sa più chi è l’uno e chi l’altro? Quale impedimento ostacola il palesamento della contrapposizione tra entità che dovrebbero lavorare nella stessa direzione? Cosa impedisce al debole di sentirsi sottomesso? Cosa impedisce al derubato di denunciare il furto subito? Cosa fa pensare al ladro di non essere denunciato? Il sentirsi ladri e vittime allo stesso tempo, ladro e derubato si intercambiano i ruoli, con una differenza, uno dei due governa e l’altro no, e in questa differenza ognuno vive una concessione proporzionale al proprio stato sociale, politico ed economico, e tant’è, l’equilibrio alla fine c’è. Ma il governante, che tiene il boccino, non deve esagerare nell’esercizio del “dritto e rovescio”. Deve concedere spesso per poi reprimere ogni tanto. Deve evitare di portare sotto soglia l’aspettativa del miglioramento. Ma a forza di tira e molla il rapporto tra governante e governato perde elasticità e il meccanismo si blocca. E si valica quella sottile linea rossa che regola il rapporto tra potere costituente e potere costituito. Questo è il momento che stiamo vivendo, un momento che ha raggiunto fisiologicamente la saturazione non contenendo elementi di controreazione interna, elementi che amaramente, e qui sta il punto, non ci sono mai stai. E così succede che i problemi che vengono sollevati siano falsi problemi e le soluzioni siano solo palliative, nel tentativo di attenuare i sintomi senza mai rimuovere le cause.

I problemi non sono gli immigrati, non sono le tasse, non è il 110%, non è il reddito di cittadinanza, il problema è ciò che sta alla loro base, base che non viene mai toccata non per scelta ma perché non c’è. Non si creano mai gli elementi di base del sistema privato e imprenditoriale, né di quello fiscale o tantomeno di quello edilizio, infrastrutturale imprenditoriale e produttivo. E così la politica muore nel sommerso della propria ipocrisia e avanza con soluzioni palliative. La base abilmente non viene mai creata perché il giochino della saturazione ha un tempo e la scadenza è sempre lontana fin quando quella sottile linea rossa non finisce sotto i piedi di tutti, governati e governanti. Si va avanti fin quando non si satura il sistema, e quindi il paese. Eppure “quel non detto” urla sempre più forte, sebbene sembri che ancora nessuno lo senta.

Nel tempo c’è stata una lenta progressione che ha portato il sistema a sclerotizzarsi, pensando che si potessero aggiungere sempre più piani ad un grattacielo senza “fondamenta”, senza “elementi di base”. S’è costruito sulle macerie, non in funzione di una stabilità e continuità evolutiva. E quegli elementi di base mancano da sempre, dal dopo guerra ad oggi. E non è un caso che si sia andati avanti di emergenza in emergenza. In questa sclerotizzante progressione c’è stato un momento cardine che ha sancito l’inizio della regressione che da caotica è diventata strutturale, endemica. Tutto ha avuto inizio con l’ex Viceministro dell’economia e delle finanze Stefano Fassina quando circa 10 anni fa arrivò a dire “sarebbe troppo facile migliorare il sistema modificandolo, il sistema va modificato senza toccarlo”. Da qui il punto di non ritorno. La politica per definizione dovrebbe significare “modifica del sistema” e quando la componente conservativa si radica troppo, quando non trova contraltare, allora viene affiancata dall’autoreferenzialità che da conservatrice la trasforma in “autocrazia diffusa”, parcellizzata. La politica così sarebbe rappresentata solo da conservatori dove l’assenza di controproposta e contraddittorio ratifica e consolida lo stato di fatto per come è, immutabile e intoccabile. Non a caso abbiamo un sistema dove si vince necessariamente per coalizione, modalità che permette lo “scarica barile” deresponsabilizzando tutto e tutti e agevolando alibi, ipocrisie e appiattimenti trasversali. In Italia la politica è conservatrice e autoreferenziale, e tale connotazione si è estesa a tal punto che oggi siamo al più totale immobilismo e per fare le cose si ricorre agli incentivi, addirittura totalizzanti quali il 110%, che drogano il mercato e bloccano la ricaduta finanziaria dove l’erogatore, la banca, da un lato detta legge operativa sostituendosi alla politica, e dall’altro va in affanno non riuscendo ad erogare i crediti paralizzando e soggiogando il sistema edilizio e produttivo. E’ solo un esempio per comprendere la follia strumentale in cui siamo immersi, una follia circolare che si stringerà come un cappio sulle generazioni future, e tutto per non toccare lo status quo. E questo accade perché non c’è una politica che pensa, è solo una politica che avalla input che arrivano dal tessuto economico e sociale già radicato, input non imprenditoriali, espressione solo del consolidato, l’opposto di un approccio politico. È solo ratifica di ciò che c’è, rafforzandolo possibilmente senza mai alterarne essenza e struttura. E’ la struttura del “castello” (Caste-llo – Il Nottalista). Altra cosa sarebbe modificare per ottimizzare, per spostare risorse, per ottenere qualcosa di nuovo e capire come utilizzare le inevitabili componenti in esubero. Se cambia una lavorazione ci sarà materia in più e/o in meno. La capacità della politica è quella di intercettare il modo per ri-utilizzare la materia in meno trasformandola in materia per altro. Politica è trasformazione.

Per modificare un meccanismo di un sistema si deve cominciare ad individuare quali siano le “cause” che lo affliggono per poi individuare gli “elementi di base critici” che ci permettono di mettere mano al meccanismo troppo spesso ritenuto erroneamente immodificabile sulla base di costruzioni razionali che in realtà sono aprioristicamente e utilitaristicamente solo “tabù” di natura speculativa. Un problema non ha soluzione se mancano le prime righe del postulato, ossia gli “elementi di base”, di premessa. Solo se iniziamo a scrivere quelle righe individuando e descrivendo gli “elementi di base mancanti” possiamo cominciare a pensare ad una soluzione che possa poi tenere conto delle variabili “negative” (risvolti e relative ricadute sociali) per trasformarle in “positive”.

Provo quindi a dire le cose come stanno. Provo e poi si discute quantomeno sulla base di qualcosa di possibilmente generativo e non solo meramente derivato.

Tutto parte da una domanda generale. Che governo è quello che non riesce ad essere credibile nemmeno difronte all’emergenza? E non ci riesce non con una ma con decine di emergenze, dal dopo guerra ad oggi, dal terremoto dell’Irpinia fino alle inondazioni di questi giorni. Proclami su proclami, restaurazioni su restaurazioni, ipocrisie su ipocrisie fino all’emergenza successiva. Si governa da un’emergenza all’altra alternando aspettativa ad illusione. E qui si innesta una seconda domanda. Che popolo è quello che vive sull’aspettativa delusa sistematicamente avallando la sagra dell’ipocrisia? E’ un popolo legato a doppio filo. E’ un popolo corrotto, è un popolo che si autocorrompe, avvinghiato alle concessioni del potere che da stato si fa governo e viceversa, con una circolarità tale da non riuscire più ad individuare l’anello di chiusura della catena. E’ reciprocità da vittima e carnefice, da masochista e sadico, reciprocità che si chiama “dipendenza” che nella reiterazione sociale si trasforma in “mafiosa”, quella reciprocità dove la sottomissione non è subordinata al merito, alla capacità, ma alla speculazione delle “necessità”. E’ quella reciprocità che porta lo Stato a deresponsabilizzarsi per contiguità “pelosa” con interessi particolari mai sociali.  E’ quella reciprocità che porta il Comune di Roma (emblema dell’andamento diffuso e parcellizzato sull’intero territorio nazionale) a non risolvere mai i problemi che affliggono la città (Inefficienza – Il Nottalista), a non risolvere ad esempio la necessità dei parcheggi tollerando continuamente centinaia di migliaia di auto e moto in divieto di sosta per poi sanzionarle quando “serve”. In questo modo si ottengono due cose, si fa cassa e si instilla l’assoggettamento mafioso su scala macro sociale. Si concede l’illegalità per poter creare, bastonare e additare l’occasionale “cattivo utile”, indotto, funzionale, non cattivo reale. Il cattivo utile è parte di un ingranaggio che lui stesso muove e promuove nell’accettazione dell’essere tollerato. E per fare tutto questo è necessario creare un contorno di “impossibilità” inspiegabili.

Nessuno spiega perché non si creano parcheggi. Nessuno spiega perché il numero di parcheggi ufficiali non copre di gran lunga il numero delle auto circolanti (in alcune zone di Roma si supera il 30% – zona Marconi – quasi 8000 auto “tollerate in divieto di sosta” considerando solo gli assi viari maggiori del comparto “piazzale della Radio/lungotevere”). Nessuno spiega come possa definirsi governo quello che non offre la possibilità di essere nei limiti di legge e crea addirittura condizioni obbligatorie per essere fuori legge. Nessuno spiega perché ormai e da almeno un decennio non si riesca più a realizzare un’opera pubblica (Mondiali del Nuoto, “Vele” di Calatrava, ecc…) e/o privata (es. Stadio della Roma, Acquario dell’EUR, ecc…). Nessuno spiega perché si varano leggi che agevolano la ristrutturazione dell’esistente e non la costruzione ex-novo. Nessuno spiega come sia possibile che dal ’45 al ’55 sia stata costruita mezza Italia e ora non si riesca a finire nemmeno l’acquario del laghetto dell’EUR. Nessuno spiega come mai il nostro meglio sia osannato nel mondo e osteggiato da noi. Nessuno spiega come mai abbiamo la più alta pressione fiscale d’Europa e servizi pessimi. Nessuno spiega perché la pressione fiscale aumenta di pari passo con il l’espansione del Pubblico, mano longa del governante. Nessuno spiega perché si continua a sostenere un fisco “soggettivo” legato ancora agli studi di settore in luogo di un mondo che trasforma continuamente i criteri lavorativi rendendo impossibile qualunque parametrazione settoriale. Nessuno spiega perché esistono ancora gli scaglioni fiscali in luogo di un mondo digitale che può gestire qualunque cosa in termini continui e progressivi. Nessuno spiega perché il fisco non comprenda che nell’era digitale (ossia della comunicazione e quindi della trasversalità) si debba poter scaricare tutto senza entrare nel merito di chi, cosa e perché. Nessuno spiega perché la divisione destra/sinistra sia stata trasformata in divisione pubblico/privato contrapponendo realtà incontrapponibili se non per il bacino di voti che rappresenta il secondo. Nessuno spiega come mai le nostre eccellenze industriali e imprenditoriali (Olivetti, ecc…) periscono e non si rafforzano. Nessuno spiega come Craxi, Falcone e Borsellino possano aver rafforzato le storture di un sistema esplicitato speculativamente dal primo e combattuto aspramente dagli altri due. Nessuno spiega l’ossimorica autoreferenzialità delle università nostrane. Nessuno spiega perché la rivoluzione digitale velocizza e agevola solo l’ente autorizzativo e non l’utente finale che spende molto più tempo di prima. Nessuno spiega perché la rivoluzione digitale viene intesa solo come archiviazione e catalogazione e non come automazione e interlacciamento tra enti e funzioni. Nessuno spiega come possa essere concorrenziale un sistema che non garantisce alcun processo autorizzativo scaricando la responsabilità dello stesso a terzi. Nessuno spiega perché ancora non ci siano archivi nazionali da consultare in tempo reale. Nessuno spiega a cosa serva l’Istat quando deve procedere ancora tramite interviste. Nessuno spiega perché la sismicità del territorio sia dettata dalla statistica come se i terremoti seguissero periodicità probabilistiche perché prima o poi si ripetono. Nessuno spiega perché gli organi scientifici siano subordinati alla politica generando così le storture del declassamento sismico de L’Aquila. Nessuno spiega perché in zona sismica si continua a ristrutturare invece di favorire la ricostruzione ex-novo certificata quindi realmente antisismica. Nessuno spiega come faremo a gestire il PNRR se siamo il terzo debito pubblico del mondo. Nessuno spiega perché da noi il lavoratore edile è autodidatta e non formato. Nessuno spiega perché in edilizia la sicurezza debba essere di responsabilità anche del Committente e non solo dell’Impresa creando così quella possibilità di deresponsabilizzazione da parte di quest’ultima, unica parte realmente in causa. Nessuno spiega come mai gli oneri della sicurezza, pagati dal Committente al Coordinatore della Sicurezza, non sia preferibile che si sommino a quelli dell’Impresa che ha tutto l’interesse, se ben retribuita, a tutelarsi applicando al meglio la sicurezza. Nessuno spiega come mai non si punti su organi esterni, terzi, per controllare le irregolarità tutte invece di trasformare architetti e ingegneri in “pubblici ufficiali” caricati di oneri che non rientrano nelle loro responsabilità e competenze. Nessuno spiega che la figura del Coordinatore della Sicurezza è occasionale e non può controllare il cantiere h24 mentre quel costo potrebbe creare una figura interna all’Impresa con le stesse competenze applicabili in presenza e continuità direttamente sul posto di lavoro. Nessuno spiega la criticità della relazione tra assenza di formazione edilizia e sicurezza sul lavoro. Nessuno spiega come standard urbanistici dei primi del novecento (Roma, REGIO DECRETO 24 dicembre 1911, n. 1522) possano essere considerati ancora sostenibili a fronte di una evoluzione tecnologica che modifica profondamente usi e costumi in funzione di nuove condizioni ambientali e quindi di salubrità. Nessuno spiega come mai non si metta mano al conflitto d’interessi in luogo di un parlamento totalmente in conflitto d’interessi. Nessuno spiega come un parlamento in conflitto d’interessi assomigli più ad una monarchia diffusa e parcellizzata che ad una democrazia seppur imperfetta. Nessuno spiega perché non ci sia una figura che regoli il rapporto tra enti stabilendo priorità e relazioni verticistiche tra loro. Nessuno spiega come sia possibile che le scoperte archeologiche si trasformino in problemi e non in occasioni pur essendo associabili a giacimenti d’oro e/o petrolio. Nessuno spiega come sia possibile che a Roma i cavi delle utenze e dei servizi siano ancora interrati e non canalizzati in “cavidotti interrati ispezionabili” (Inefficienza – Il Nottalista) quando questa conversione permetterebbe di dare lavoro più qualificato e meno usurante a molte più persone di quelle che ora continuamente scavano buche e asfaltano strade. Nessuno spiega come l’auto elettrica possa essere considerata ecologica. Nessuno spiega come possa essere possibile che il progetto della filiera produttiva non contempli automaticamente riciclo e riutilizzo. Nessuno spiega perché abbiamo decine di modi di calcolare la stessa cosa, ad esempio le aliquote fiscali calcolate ancora a scaglioni, quando si possono applicare i coefficienti per differenziarla in funzione dei vari contesti. Nessuno spiega la totale deregulation pubblicitaria su internet. Nessuno spiega come possa esistere un Codice Appalti senza definire prima cosa sia un “progetto”, ossia senza definire protocolli per capitolati, computi, preliminari, definitivi, esecutivi ed operativi. Nessuno spiega come mai a distanza di 30 anni ancora sia lontana la creazione di una reale Europa unita, degli Stati Uniti d’Europa con tanto di Presidente e relativa Costituzione, unico deterrente politico/diplomatico da contrapporre alla Russia che fa guerra all’Ucraina proprio sulla “leva della disunione europea”. Nessuno spiega se una reale unione interessa ai singoli stati in fisiologica, lecita, continua e totale autodeterminazione. E così via per tanti altri contesti che non si elencano per “inedia”.

Nessuno spiega perché il giornalismo tipicamente non indaghi su questi e altri perché. Tutti a fotografare lo stato di fatto senza chiedersi perché la foto viene sempre sfocata indipendentemente da fotografo, impostazioni e macchina fotografica.

Non è questione di intelligenza, è solo che nei punti cardine sono troppi i ricattabili in quanto tollerati, e intanto le persone si accontentano di poter parcheggiare in divieto di sosta.

E quando l’intellighenzia si fa autoreferenziale addita i disattesi come “alterità e populisti”, attualizzando di appena 2500 anni la favola de “La volpe e l’uva” che pare non aver insegnato ancora nulla…

Marco Valerio Masci 

Immagine di testa: Marco Valerio Masci, “Assenza”, fotografia digitale (Panasonic DMC-TZ3), 8 ‎ottobre ‎2010, Roma.

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