Nottata di m…
Mi ero appena addormentato quando sento un odore strano, odoro il cuscino e sposto la testa in un altro punto, lo sento di nuovo, sembra cloro, penso <<e che diamine, in piscina il cloro lo mettono pure nell’acqua della doccia?! E si sente ancora nonostante sia andato in piscina questa mattina…>>, provo a riaddormentarmi ma l’odore si rafforza, traccio olfattivamente il cuscino come un cane da tartufo, niente, il maleodore è ovunque, alzo la testa e lo sento nell’aria, penso <<ma che miliardi di acari intrappolati nelle porosità del lattice hanno deciso di scureggiare tutti insieme!?>>, mi sembra di essere finito dentro la canzone di Gaber “L’Odore”, mi sporgo dal letto e lo sento ancora più forte, mi alzo, accendo l’abat-jour, guardo sotto al letto e scorgo a terra due “palle di Mozart” che, esattamente in corrispondenza del cuscino, nebulizzano le proprie spore odorose con la forza degli irrigatori da giardino. A quel punto esco dal “cinema muto” per esprimermi vocalmente in forma ermetica <<la gatta ha fatto la cacca!>>. Mia moglie, che a quell’ora è presente solo a Morfeo, mi esorta <<ci pensi tu?>>. Annuisco e vado in soggiorno a prendere il necessario. Avvolgo le pallette in un doppio strato di scottex , ripongo il tutto in un sacchetto, mi dirigo in ciabatte verso il balcone e pesto qualcosa di viscido <<…e che cazz… ha pure vomitato!>>. Con il sacchetto in mano, saltellando su un piede solo , retrocedo e, sconfortato, mi fermo a metà soggiorno. La questione comincia ad essere complessa. Devo organizzarmi. Il saltellare è stata sicuramente un’azione utile, ma alcune parti di vomito potrebbero essersi distaccate dalla suola sospesa e aver sporcato i due metri di pavimento fatti in ripiegamento. Osservo la suola della ciabatta sospesa e constato che è talmente pregna di vomito che non posso proprio continuare a saltellare. Abbandono le ciabatte e mi dirigo scalzo in camera da letto, tragitto ancora vergine, metto i calzini che per causa di forza maggiore poi sacrificherò. Mi dirigo in balcone dove poso il sacchetto. Vado in cucina e prendo il necessario per pulire il vomito. Munito di disinfettante, busta e decine di scottex, pulisco il tutto a carponi facendo attenzione a non sporcarmi il pigiama. La gatta è sul divano che mi osserva di sottocchio. Poverina, è vecchia e, in fondo, dal suo punto di vista, ha fatto ciò che era necessario per avvertirci. Per noi è cacca, per lei è un segnale. Torno in balcone dove ripongo il secondo sacchetto, lavo la ciabatta sotto l’acqua corrente e disinfetto la suola. Torno in camera e pulisco la zona incriminata sotto al letto. Mi odoro le ginocchia essendo stato più a carponi che in piedi. È tutto ok.
Fin qui quanto ho scritto prima di riaddormentarmi. Ma le storie che sembrano concluse a volte non lo sono.
Mi riaddormento a fatica avvolto nell’odore del disinfettante. Mi rassereno constatando che è circoscritto alla mia sfera olfattiva e non oltrepassa la mezzeria del letto dove dorme mia moglie che, comunque, e in questo caso fortunatamente, ha sempre avuto un olfatto normale conforme al suo nasino. La mattina solito tran-tran e, in preda all’esperienza notturna, estendo alla dolce mattina le medesime “fulgide” attenzioni decidendo di prendere anche il sacchetto contenente la sabbia sporca della LETTIERA, termine che, a fronte del pregresso, mi appare letteralmente sinistro, evocante quanto accaduto in zona letto, irridente oltre che insensato. Così neologicamente conio “CACCHIERA”. Ma tant’è, non è il caso di cacchieggiare. Ripongo con cura il sacchetto in un altro sacchetto che, con altrettanta cura e perizia avevo scelto tra i mille sotto al lavandino. Concitato, con i secondi contati come tutte le mattine, mi dirigo verso la porta di casa dove sul pianerottolo mi attendono moglie e figlia. E… al varcare della soglia, il sacchetto mirabilmente scelto si strappa lasciando cadere l’altro sacchetto che, come in un precipitoso allunaggio, effettua il touchdown esplodendo e riversando il “misto” sullo zerbino. Seguiranno parole inscrivibili affiancate dalle sonore risate di mia figlia. E in quel momento esce pure il vicino di casa a cui mia moglie rivolge un “buongiorno” appena sussurrato. Prendo scopa, paletta e l’ennesimo sacchetto, ma resistentissimo, e pulisco tutto.
La storia finirebbe qui, ma, mi accorgo ora, che in realtà era iniziata il giorno prima quando avevo pestato una cacca di cane sebbene l’avessi già individuata. Cacca dimenticata in quel di Monteverde ribattezzato Montemarrone…
(continua…)
Marco Valerio Masci
Vignetta di testa – Marco Valerio Masci, “Monteverde”, 2004 – Tecnica mista: rapidograph, china, pennarello, digitale.