Referendum “anticostituzionale” (2)

Referendum “anticostituzionale” (2)

Ricollegandomi all’articolo http://www.ilnottalista.com/referendum-anticostituzionale/

 

…Si o NO, basterebbe il fatto che questa Riforma Costituzionale, ripeto, Costituzionale, stia spaccando in due il Paese per capire che non s’ha da fare.

Qualunque Referendum spacca in due il Paese, è l’essenza del referendum. E’ la spaccatura abbinata al “fine costituzionale” che stride e non è sostenibile. Il Referendum non può essere il mezzo per modificare la Costituzione che è elemento la cui legittimità vive sulla massima condivisione e sulla massima rappresentatività dell’idea di Nazione. La Costituzione è sinonimo di Unione, non di Divisione. È quindi proprio lo strumento referendario che è sbagliato (o scorretto), in quanto, di per sé, per sua fisiologia, deve rifiutarsi di verificare la maggiore o minore condivisione quando capisce che la portata della questione che pone è TALE da non poter essere decisa sul filo (peraltro ideale) del 50%. Non può sottoporre questioni di carattere nazionale, mentre è fondamentale per quelle a prevalenza personale/individuale. Nel caso specifico, lo strumento referendario non può accettare di correre il rischio che ci possa essere equilibrio tra visioni opposte quando il contendere riguardi l’elemento fondante di un Paese, la Costituzione. Tralasciando, peraltro, aspetti legati alla “impossibile” competenza popolare per quella che è la “MATERIA delle materie”, aspetti che inficiano il referendum anche in termini sostanziali oltre che strumentali.

La questione è tutta nell’art. 138 http://www.camera.it/parlam/bicam/rifcost/dossier/dspro138.html che ammettendo la possibilità di revisione della Costituzione per via referendaria non ha intravisto il pericolo che invece oggi si sta verificando. Non è obbligatorio usare uno strumento per il solo fatto che sia lecito, se poi ci si accorge che questo è pericoloso in quanto non rappresentativo delle finalità che si propone di raggiungere. Politica è questo, non altro. È previsione per la coesione sociale. Altrimenti è opportunismo, individualismo, lecito tecnicamente ma boomerang politicamente. E infatti il referendum spacca in due il Paese spaccando in due anche le fondamenta sui cui poggia. E questo ci dice qualcosa che prima non era emerso mai in modo tanto chiaro; è necessario mettere in discussione alla base l’unione “Referendum/Costituzione”, quindi l’art. 138. Il pregresso referendario in materia poco conta, ed è evidentemente, allo stato attuale delle cose, solo una aggravante a posteriori. Non è a rischio la democrazia in sé, è a rischio una “diminuzione della stessa”. Dobbiamo tendere ad aumentarla, non a diminuirla. E per garantirne l’efficienza della democrazia si deve agire sulla costruzione delle “regole di base”, quali primariamente il conflitto d’interessi, e la costruzione di enti terzi di controllo. Elementi da sempre assenti e veri responsabili della deriva politica attuale. Berlusconi portò a sistema il conflitto d’interessi mettendo sotto scacco la classe politica tutta che era in conflitto d’interessi già prima di lui. E questo stato di cose ovviamente è rimasto inalterato. Evidentemente sono ancora tutti sotto scacco. E Berlusconi è solo la conseguenza, non la causa; è l’opportunità sistemica fatta politica. Gli unici che non sono portatori di conflitto d’interessi sono i rappresentanti del M5S, per lodevole autodeterminazione. In altri termini questa Riforma pur di non affrontare e definire queste “regole di base”, pur di non toccare il sistema Paese, vede come unica soluzione la diminuzione della democrazia individuando come problematica l’eccesso di vicinanza tra cittadini e politica, ritenendo che sia necessaria maggiore distanza tra Stato e Governo, a vantaggio di una autonomia maggiore di quest’ultimo non intralciato dalle ragioni regionali. Ma l’unione non si fa con la forza individuale, si fa con la cultura sociale. E il nostro Paese è somma di culture, geografie, orografie, meteorologie. Non è una visione forzosa e negazionista di questa realtà che potrà modificare la pluri-essenza culturale/caratteriale di questo Paese. Potrà solo nasconderla sotto il tappeto. E tutto questo senza nemmeno porsi il problema che questa distanza sarà tale per “qualuque” altro Governo. Questa Riforma vive solo sulla incommensurabile opinione che questo Governo ha di sé.

E in se i governi futuri non fossero “giusti”? Se abusassero di questo incremento di centralizzazione personalizzata e autodeterminata senza controreazione e controllo? Il cambiamento in sé non è sinonimo di successo, non è sufficiente a garantire un risultato positivo. Di conseguenza non è sufficiente dire voto SI per cambiare questo Paese. O voti perché hai capito cosa porta questo cambiamento, o voti NO perché non capendo rimani come sei in quanto sai cosa significa lo stato di cose attuali, belle o brutte che siano. Non si cambia per cambiare, si cambia capendo. Ma la Costituzione non è questione alla portata nostra, dei cittadini. Quindi il NO, per quanto mi riguarda è una scelta di buon senso e di onestà intellettuale rispetto ad una questione più grande di noi e, per di più, non gestibile in modo “divisivo”. E, se quanto ho scritto fin qui, compresi gli altri articoli, non fosse sufficiente, avete presente il detto “dalla padella alla brace”?

Marco Valerio Masci

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